Anni ’80, a tavola con tanta rucola e panna

In questa foto, del 1983, io e Daniela eravamo già all’opera.
A vent’anni, nel nostro primo locale di Alassio, con tanto amore e tanti di quei debiti che questa crisi mi sembra una passeggiata.
All’epoca gli interessi passivi in banca viaggiavano oltre il 20% e noi gli unici interessi che avevamo, oltre il lavoro e la speranza di farcela, erano proprio quelli passivi.
E non eravamo tutti nella stessa barca, come ora, quelli erano gli anni del secondo boom economico, l’epoca del edonismo reaganiano (cit.), per cui a tanti andava bene, in particolare a quelli che avendone la possibilità avevano cominciato a fare speculazione finanziaria con guadagni mai visti prima; per cui chi aveva, stra-guadagnava e chi non aveva, stra-penava.
A onor del vero, aggiungo solo, che in quegli anni si lavorava tanto; e chi, con coraggio o incoscienza, o tutt’e due le cose, si buttava in un’impresa, ce la poteva fare. Forse.
Noi ce l’abbiamo fatta, e ce la faremo anche questa volta.
Ma passiamo al nostro risotto, con un breve preambolo che rievoca quegli anni.
Negli anni ’80, se in pizzeria ordinavi una birra per accompagnare la pizza, eri uno sfigato. Si era scoperto da poco il Pinot grigio, che già stava passando di moda, surclassato da due vini portoghesi: il Mateus e il Lancers, che in realtà erano più belli che buoni.
Per ingannare l’attesa della pizza, ordinavi una bresaola o un carpaccio, entrambi cosparsi di un’erba allora quasi sconosciuta: la rucola; se invece volevi stupire chi ti accompagnava a tavola, chiedevi al cameriere, con tono da intenditore e strizzandogli l’occhio, un cocktail di gamberi con salsa rosa.
L’evento enogastronomico si concludeva sbizzarrendosi con una carrellata di dolci mai visti prima: i profiteroles, la torta della nonna con i pinoli, i limoni e i mandarini farciti del loro gelato, il tiramisu e il tartufo, l’ananas al maraschino, il melone al porto e le fragole con gelato.
Ma non si mangiava solo in pizzeria, negli anni ’80 nascono le birrerie, con i nomi più stravaganti, ovviamente quasi tutti inglesi. A tutte le ore, specialmente quelle notturne, potevi mangiare penne all’arrabbiata – facendo a gara a chi le mangiava più arrabbiate -, tortellini panna e prosciutto, gnocchi ai 4 formaggi, risotto allo sciampagn, filetto al pepe verde e le famigerate penne alla vodka con salmone affumicato, panna e uova di lompo – il caviale dei poveri – che poteva essere rosso o nero, o tutti e due.
E’ a quest’ultimo piatto che mi sono ispirato, per farlo diventare un risotto.
Tuttavia non ho potuto fare a meno di qualche piccola variante oggi un po’ più figa: lo scalogno, l’erba cipollina e le scorzette di limone. D’altronde lo spirito è ancora quello degli anni ’80, rimanere sempre strafighi.
E ora ti racconto la ricetta.
Ho spezzettato il salmone affumicato per poi farlo soffriggere con lo scalogno e le scorzette di limone; subito dopo ho versato una buona dose di vodka e mi sono goduto, come sempre, le fiamme che avvolgono la padella.
Quando le fiamme sono svanite, ho messo in padella il riso crudo e gli ho fatto assorbire la salsina fino a farlo asciugare e tostare. A questo punto, se ancora aveva qualche idea di riaccendere l’ardore della fiamma, l’ho assopito imbrodandolo per portarlo piano piano alla cottura. Infine l’ho mantecato con la panna – non poteva mancare, quale segno tangibile dei tempi che furono… o sono.
In uscita ho cosparso il risotto, non con le sue originarie uova di lompo – che qualcuno chiamava lombo -, ma con erba cipollina tagliuzzata.
Mi vuoi dire che è kitsch, che quegli anni ti fanno venire in mente un periodo “grasso” di gente che “ingrassava” con tutto quello che il catalogo dell’edonismo reaganiano offriva: la mode, la televisione, la Milano da bere, da mangiare e da sniffare, le risate telecomandate e la nouvelle cuisine.
Comunque la pensi, questo risotto ha vinto e ogni periodo ha le sue, belle e meno belle, ma quelle sono: espressione di quel momento, che qualche volta si trascina, o ritorna sotto mentite spoglie.
Come la musica che sto ascoltando mentre scrivo: la mia personale hits ’80, firmata da: Elton John, Queen, Simple Mind, Pretenders, Billy Joel, The Police, Housemartins, Eurithmics, Madness, The Smiths, Men at Work, Dire Straits, The Clash, UB-40, Simple Minds, U2, Bronsky Beat, Tears for Fears, Spandau Ballet, Cindy Lauper, Bonnie Tyler, Culture Club, A-ha, ecc. Ecc.
Le ricette del Buon Mangiare
Conversations 6 comments
Renato sei sempre fantastico, devo proprio venire al tuo ristorante a mangiare riso e ad essere accolto dal tuo sor-riso
Grazie Renato, mi farebbe un grandissimo piacere rivederti. Spero, presto!!! Ciao
Caro Renato, sono qui a digitare sul mio mini iPad ultra tecnologico e penso che negli ’80 era già una magia il Commodore 64……..
Ohhh che stupore fare la foto e vederla uscire dalla mitica polaroid…..
E’ vero, la polaroid ha anticipato il gusto di vedere immediatamente il risultato di un’immagine. io l’ho tenuta da parte…
Non posso che inchinarmi al tuo sondaggio e alla “democrática” affermazione della panna ovunque ma, personalmente, dissento profondamente dall’uso della medesima “sempre”. E’ una scorciatoia x mantecare e nasconde il gusto originale dei componenti. Temo che sia divenuta un po’ una moda inculcata dai nuovi chef ( i primi anni 10….. appunto) che si distinguono spesso piu’ per l’architettura figurativa del piatto che per il contenuto.
Amo i cibi gustosi, tradizionali, un po’ “rozzi”, da taverna,( con tanto di piatto di portata fumante e non serviti in un gigantesco arnese “piatto” disadorno e disarmante) e soffro terribilmente a veder stravolta la nostra cucina piu’ autentica. Per fortuna comunque da te si mangiano ancora pastasciutte strabordanti e gustose….non cambiare! Ciao Gianfranco
Caro Gianfranco, tu sai!!!