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Puntando alle bionde, ho trovato le more…

Puntando alle bionde, ho trovato le more…

Settembre 21, 2016
3 min read

La ricetta del risotto con le more

Un’ estate, durante la vacanza, pur cercando di non fare nulla di particolare se non riposarmi, in una delle belle passeggiate che ho fatto sulle colline liguri andando per more, sono riuscito a prendere un sentiero morto e finire in mezzo ai rovi. E lì, sì, che ne ho trovate di more. Ma dopo aver riempito la sporta che avevo con me, dovevo comunque riuscire a venirne fuori. Ce l’ho fatta, ma mi sono letteralmente flagellato gambe e braccia, cercando di ritrovare la retta via. In più, saltando l’ultima “fascia”, prima di abbandonare i rovi, sono pure caduto schiacciando metà del bottino di more.

Siamo intorno all’ora di pranzo, in pieno agosto, con il sole che mi batte perpendicolare sulla testa; il sudore mi ha leopardato la maglietta, le gambe e le braccia sono striate di rosso del mio sangue. Guardandomi intorno non scorgo un’anima viva né abitazioni, ma non è ancora il momento di allertare i soccorritori familiari, che avrebbero passato il resto dell’estate a raccontare le mie disavventure al solo scopo di sminuire le mie imprese e giustificare la loro indolenza “spiaggifera”.

Finalmente, dopo un girovagare incerto, trovo un ulivo e mi ci metto sotto per prendere ombra e rimettermi un po’ in “bolla”. Bevo dell’acqua che mia moglie, insistendo, mi aveva messo nello zainetto; mangio delle more che avevo salvato durante il salto e mi piscio sulle gambe per disinfettare le ferite, come avevo letto da bambino nel manuale delle Giovani Marmotte.

Dopo essermi leggermente ristabilito, riprendo la marcia e finalmente mi si materializza all’orizzonte un piccolo borgo dell’entroterra, dove scorgo un baretto. Uno di quelli con un solo tavolo e due sedie ad un lato dell’ingresso, il cartello dei gelati appeso e la tenda con le fettuccine di plastica che non gli fanno entrare il sole e le mosche. Uno di quei bar di paese che quando entri si girano tutti a guardarti. Infatti, quando entro, si girano tutti e mi guardano – conciato come sono – tra lo stupore e lo sconcerto. Chiedo subito di andare in bagno che a stento mi viene indicato. Ci passo dieci minuti, facendo tutto quello che occorre per ristabilirmi e rendermi presentabile; esco e ordino da bere, accennando goffamente ad una spiegazione sulle mie vicissitudini, e tutti continuano a guardami, ma senza particolare considerazione. Chiedo se c’è un autobus che porta in riviera, mi risponde un muratore albanese, mentre la barista mi dice che l’autobus c’è ma è appena partito e il prossimo è in serata: “Ti ci porto io se ti accontenti di salire sul motocarro. Ma dietro però, perché davanti c’è mia cugina, che devo passare a prendere in un paese qui vicino.”

Non è che avessi tanta scelta, e poi l’idea di arrivare in riviera sul furgone mi rendeva quest’avventura sotto casa ancora più intrigante.

“Certo che vengo, e ti ringrazio molto. Posso offrirti qualche cosa?”

“Stai tranquillo! Ancora non sei salito sul furgone, già mi vuoi rendere qualcosa. Non mi devi niente. Voi italiani sempre io ti do, tu mi dai…”

“Scusa, hai ragione! Una volta anche noi la pensavamo così. Poi….”

Dopo aver caricato anche la cugina, che vedendomi dietro il furgone mi ha dato una stuoia su cui sedermi; essere arrivati in riviera, salutato e ringraziato i miei benefattori, avendo cura di non dirgli: “A buon rendere…”; aver telefonato a mia moglie che mi è venuta a prendere compassionevolmente con lo scooter; essere approdato in spiaggia e raccontato a caldo al bagnino e a sua moglie le ore intense che ci avevano preceduto; aver fatto un bagno rigenerante: uno dei più rigeneranti della mia vita; essere tornato a casa: distrutto ma soddisfatto… mi sono detto: “E adesso cosa ci faccio con le more schiacciate, visto che mia moglie le voleva intere per fare una crostata?” 

“Ci faccio un risotto!” Ed eccoti la ricetta.

Ho tritato dello scalogno e l’ho fatto soffriggere, aggiungendo il riso per tostarlo e poi sfumarlo con del prosecco che ho aperto per l’aperitivo.

A questo punto, dopo tutte le ricette che hai letto, hai già capito che aggiungo il brodo vegetale e proseguo per portarlo in cottura; subito dopo la prima imbrodata, ho aggiunto il “pesto” di more e a fine cottura ho mantecato con stracchino. Con le poche more intere che sono rimaste le ho messe sopra i risotti impiattati per la guarnitura.

Dopo aver gustato il risotto e raccontato in famiglia gli ultimi avvenimenti,  mi sono sentito molto fiero, come se avessi superato un corso di sopravvivenza. C’è di  buono, però, che per fare il fenomeno non ho neanche  dovuto prendere l’aereo e non ho speso un centesimo. E inoltre, da una banalissima crostata, è uscito fuori un gran risotto.

Anche la sfiga ha i suoi lati positivi…

Le ricette del Buon Mangiare

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Ciao Daniela, stavolta dedico a Te tutta la mia ammirazione e anche quella di mia moglie Federica al mio fianco, rientrando da Bologna. Anche perchè dietro ad un grande Uomo c’ è sempre una Grande Donna. E poi…a farci ben caso il blog di Renato riscuote quasi esclusivamente commenti da parte di gentili Signore ed io scrivo a Te!
Complimenti per la rassegna di risotti di questo mese, anche stavolta il riso viene “celebrato” con tutti gli onori.
Ma quando compie gli anni la maratona? Non sarebbe ormai il caso di festeggiare anche questo evento? Il nostro riso e la storia delle nostre mondine meritano un riconoscimento con il patrocinio di Oryza.
Un caro abbraccio, luigi

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